Ma avete visto la partita? Ci si chiede senza pensare minimamente che il rodimento di c**o non sia venuto anche a noi. Siii l’abbiamo vista e purtroppo abbiamo visto anche come una vittoria la si butta via in modi che voi umani non potete nemmeno immaginare. Ok, questa era uno slogan famoso, ma se lo spiegassi ad un extraterrestre il gol del pareggio della Sampdoria, fidatevi, non ci crederebbe.

Non si è riusciti a trattenere la palla per un minuto, ma ce le hanno fatte girare per 2 giorni!

“Ma la Riomma sta comunque sotto”… “Ma siamo quinti ancora”. Ecco gli alibi sterili che proprio sono inascoltabili. 

Mi sono presa del tempo per sbollire, eppure la rabbia non sbollisce, ho forse moderato i termini, sino a ieri inenarrabili, ma la delusione c’è ancora.
Vorrei essere razionale, ma come posso prendere con filosofia un Saponara qualunque al 99′ esimo minuto?

Chi la chiama “sfortuna “, anche se la sfiga il suo ce  lo mette sempre, forse ha dimenticato il proclama che ha accompagnato il ritiro, quel “Mea culpa” dopo il Chievo, quel tanto blaterare di motivazioni da ritrovare. .

Una Lazio che costruisce ed ottiene poco in scena un match che ha dell’incredibile. Un 2-2 maturato nei minuti di recupero con i gol di Immobile (96’) e di Saponara (99’).
Occasioni da gol create: 21 per la Lazio, 2 per la Sampdoria. Dato significativo.

Lulic è in parte responsabile sui due gol subiti, però ha il merito di aver creato tante di queste occasioni, oltre ad essere stato il giocatore che ha fatto più tocchi palla di tutti.
E così spengo per un secondo l’accanimento sul capitano biancoceleste.

È la quarta volta di fila che, davanti ad un avversario più che agganciabile, ci ritroviamo in passivo costretti a rincorrere un pareggio, nel migliore dei casi.
È un segnale al quanto preoccupante vedere, dopo il ritiro, una squadra che ancora non ha una precisa identità e vive di errori grossolani, sanguinosi.

È ancor più preoccupante pareggiare una partita all’ultimo secondo per distrazione, nemmeno nei campetti di periferia si molla prima che sia davvero finita .

Il nervosismo si è percepito dal palo di Immobile, da Strakosha ripreso dai compagni per l’ennesimo rinvio scellerato, il nervosismo è un sintomo ancor più preoccupante.
I senatori hanno buttato sangue, però non basta mai.
Manca la cattiveria sotto porta, e va beh, la iella ogni tanto ci sta, ma non è una scusante.
Nel momento in cui il Milan e la Roma pareggiano, l’Inter viene sconfitta, noi ci ritroviamo la grande beffa quando potevamo recuperare un pochino di terreno.
Ci fermiamo nel limbo di un pareggio amaro. Non è una sconfitta e forse non è nemmeno così tragico, o almeno, non lo è se usiamo un’ultima dose di ottimismo personale.

Quando si sceglie la quantità a danno della qualità, a lungo andare, tira tira, la corda si spezza. Ecco cosa dovremmo imparare definitivamente.
Poco pagare, poco valere, è scritto sulla pietra.

Quelli che però dovrebbero recepire il messaggio, fanno orecchio da mercante…ehi, dico a voi, a voi che il mercato lo fate con gli spiccioli.

È innegabile il fattore “crescita” sul quale tutti avevamo puntato, una crescita lasciata lì a fare la muffa con le grandi ambizioni.

Una tra Milan, Lazio, Parma, Torino, Roma, Sassuolo, Atalanta e Fiorentina, andrà in Champions.
Dalla qualità delle squadre sembra una barzelletta, del tipo “c’erano un tedesco, inglese ed un francese”, ma non è così.

La zona Champions League non è ancora persa del tutto, per far sì che il miracolo avvenga però, serve il calciomercato, cambiamento e pure la fortuna.

Sui primi due punti ci si potrebbe lavorare se qualcuno avesse la voglia, sul terzo invece dobbiamo rimetterci alla dea bendata che fa e disfa, ma non è certamente l’unica protagonista o colpevole.

Adesso siamo noi tifosi a meritare ancora prima di tutti gli altri, eppure c’è il sentore della triste consapevolezza che, a volare alto con la mente, ci si ritrovi presto col sedere in terra.
Come Icaro che decise di avvicinarsi al sole con le ali di cera .

Non so quanto vale la Lazio, ma so non fare paragoni. Non si possono evitare i colpi, ma si dovrebbe saper come sopportarli. Non so  cosa faremo, ma di sicuro so che siamo quel che facciamo e non fantomatiche Ferrari.

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